
La Spezia
Non è facile capire da dove cominciare questo racconto su Fernando Andolcetti.
L’incontro con Fernando in un certo senso ha cambiato la mia vita. Grazie alla sua conoscenza ho iniziato a frequentare nuove persone, a visitare mostre ed eventi e a parteciparvi attivamente, ho incontrato il mio compagno di vita… In dieci anni abbiamo realizzato tanti progetti e l’ultimo a cui stavamo pensando era un libro che raccontasse la storia della galleria Il Gabbiano.
Fernando Andolcetti era nato a Lucca nel 1930 ed era artista e musicista. Per cinquant’anni, dal 1968 al 2018, è stato uno degli animatori della galleria Il Gabbiano, associazione culturale fondata e sostenuta insieme ad altri amici artisti, il cui scopo principale è stato quello di portare in una città di provincia come La Spezia i linguaggi più contemporanei e innovativi delle arti visive.


Nell’estate della pandemia abbiamo registrato a casa sua una breve intervista in cui abbiamo parlato di tante cose, del suo percorso artistico e di vita, dagli anni ‘60 al presente. L’idea era di inserirla nel libro sulla galleria come testimonianza di una vita dedicata all’arte e alla condivisione.
Ho rimandato tante volte la scrittura di questo testo perché Fernando è mancato l’anno scorso all’età di novantuno anni. Senza il suo confronto non avrei più potuto trascrivere l’intervista registrata e avevo il timore di non trovare il modo giusto di raccontare le cose dette e violare la sua intimità.
Poi sono successe altre cose che mi hanno legato ancora una volta e in modo diverso a Fernando. In particolare, la realizzazione della mostra sui cinquant’anni della galleria Il Gabbiano al CAMeC, Centro di Arte Moderna e Contemporanea della Spezia, per la quale sono tornata tante volte nella sua casa.


Insieme a Mario e Cosimo (Mario Commone e Cosimo Cimino, con Fernando gli ultimi componenti del Gabbiano) abbiamo trascorso molte ore nella sua casa per riordinare e catalogare il suo archivio personale e di collezionista. Vivendo la sua casa in questo modo inedito (doloroso e dolce al tempo stesso) ci siamo resi conto di come questa raccontasse meglio di qualsiasi altra cosa la sua storia.
Nel suo appartamento ristrutturato negli anni ’70 c’è memoria di tutta la sua vita di artista, gallerista, musicista, raffinato e attento curioso dell’arte in tutte le sue forme espressive.
All’ingresso le pareti interamente rivestite di quadri, e così in tutta la casa, ti accolgono e ti indicano il percorso da seguire. Ogni quadro è un ricordo di una mostra, di un viaggio, di un incontro con un artista e in un attimo si abbracciano anni e linguaggi diversi.
Così abbiamo affrontato la nostra conversazione, passeggiando davanti a quelle pareti piene di memoria e forza visiva, davanti alle quali magicamente riaffioravano storie e aneddoti che Fernando ti raccontava con la leggerezza e la positività che gli sono sempre appartenute.






Al centro del grande soggiorno non un tavolo, ma il suo pianoforte a coda. Fernando prima di essere artista visivo era pianista concertista e la musica è sempre stata la prima fonte di ispirazione per ogni sua produzione artistica.
Nella sua quotidianità, infatti, non sono mai mancati lo studio e la pratica della musica.
E poi i mobili e i numerosissimi oggetti che parlano dei tanti viaggi in giro per il mondo, della curiosità e dello stupore per ogni forma espressiva diversa dal proprio immaginario. Una necessità incessante di conoscenza, ma liberata dal giudizio, sempre pronta ad accogliere tutte le diversità di cui può essere fatta la vita degli uomini.
Tra gli arredi anche icone del design, come il divano Superonda e la radio Brionvega, comprati all’epoca della loro uscita sul mercato alla fine degli anni ‘60, che, per me, raccontano quella parte di Fernando sempre al passo coi tempi, sempre attratta dall’innovazione e dalla sperimentazione.


Ho sempre ammirato in lui la capacità di essere libero da ogni tipo di condizionamento, fisico e mentale, ed è questa la lezione che più vorrei portare con me.
Alcune foto della casa le abbiamo fatte dopo aver registrato la nostra conversazione, mentre Fernando ci suonava i brani di musica classica che aveva studiato quella mattina. Le altre le abbiamo fatte dopo, come testimonianza e per non dimenticare l’esempio che può essere per tutti noi.

